Le Olimpiadi a Roma e le chiacchiere al bar

Non sono né favorevole né contrario – per partito preso – al fatto che Roma organizzi le Olimpiadi (manifestazione che peraltro amo e seguo con passione e attenzione). Sarò banale: mi piacerebbe che ci fossero ed eviterei di uccidere una città per andare all’Olimpico a vedere la finale dei cento metri con l’erede di Bolt. Sono perciò convinto (altra ovvietà) che la discussione sulle Olimpiadi debba essere seria: stiamo parlando di un evento che non riguarda il destino della Raggi, la superbia del M5S, l’arroganza del Pd e le – davvero piccole – beghe della sinistra, ma la vita economica e sociale del Paese e quella (anche concretissima, di tutti i giorni) di qualche milione di romani.

de-magistris-ed-emilianoRagionare dentro il bar sport in cui ci confinano i giornali o certi imprenditori, dibattere in termini di propaganda o di convenienza politica come ci suggeriscono alcuni personaggi è quindi assolutamente inaccettabile, oltre che irragionevole. Se una discussione deve esserci – e io penso che sia salutare e necessaria – si faccia a partire da qualche dato di realtà.

Le cifre, per esempio. E le opportunità di sviluppo e crescita. Indicare numeri a caso (esercizio molto semplice di propaganda politica usato su tutte le grandi opere) è segno di debolezza e di inadeguatezza: agitiamo pure i miliardi e i posti di lavoro, le opere nuove e le ristrutturazioni, ma partiamo anche dal fatto che tutte le ultime Olimpiadi, tutte quelle post 1984 (Los Angeles) hanno chiuso il loro bilancio in passivo (pesantemente in passivo) con costi economici e sociali piuttosto pesanti per gli Stati, le città, le popolazioni. E questo nonostante i soldi (peraltro del tutto insufficienti) che il Cio mette sul piatto (e che, è vero, senza Giochi non ci sarebbero). Londra, dice l’Università di Oxford, ha incassato 3 miliardi, ma ne ha spesi 10. E allora mentre a Roma si discute di dove realizzare il villaggio olimpico (ovviamente, visti gli interessi in gioco!), nel mondo si ragiona del fatto che è  il “Modello Olimpiadi” in sé a non funzionare – in nessun posto, non solo in Italia. Per questo molte città (Amburgo, Boston, Madrid, San Diego e Dubai, scrive Ettore Livini su Repubblica di qualche giorno fa) si tirano fuori dalla competizione. Non in tutti questi posti governa (?!) Virginia Raggi.

Partire da qui, consiglierebbe per esempio al comitato promotore Roma 2024 di non limitarsi a fare la pubblicità o a ricordarci che a Roma c’è il Colosseo. Potrebbero farci capire dove starebbe (e come si sostanzierebbe) la discontinuità rispetto ai modelli passati. Fin qui non s’è capito.

Partire da qui, imporrebbe una pulizia della discussione pubblica. Così come, sul piano politico, al di là delle interviste – alcune incommentabili – di queste ore di imprenditori, politici, sportivi, esponenti dell’associazionismo, fare chiarezza sulle posizioni in campo sarebbe piuttosto utile e sano. Quando nelle scorse settimane la propaganda pro Olimpiadi ha messo in campo (falsamente!) l’ipotesi Milano (per fare pressione su Roma) il sindaco – il più renziano degli eletti all’ultima tornata elettorale – Beppe Sala ha scritto così: “Sono sempre stato favorevole ai Grandi Eventi e sono convinto che possano essere una grande opportunità per la città che li organizza. In questo caso, però, si tratta di una situazione particolare. Secondo le regole del CIO non si può sostituire Milano a Roma nella candidatura alle Olimpiadi 2024. Bisognerebbe quindi pensare all’edizione del 2028 (nel caso l’edizione 2024 fosse assegnata a una città non europea) o addirittura del 2032.
Viste le urgenze di oggi, penso non sia questo il momento giusto per parlarne. Togliamo il tema dal tavolo e affrontiamo questioni più importanti per i milanesi e gli italiani”. Visto che non credo che il Cio abbia introdotto delle regole che riguardano soltanto Milano, mi chiedo come giudicare la sortita twitter del più antirenziano dei sindaci, il napoletano Luigi De Magistris, (subito seguito da Michele Emiliano) che offrono Napoli e il Sud (in un progetto peraltro affascinante sul piano evocativo) come sede per le Olimpiadi. Ecco, io credo che in una discussione seria si dovrebbe chiedere conto a Beppe Sala e a Luigi De Magistris delle proprie parole. Non so chi tra Sala e De Magistris abbia ragione, so che le due posizioni mi sembrano inconciliabili.

Senza liberare le nostre parole da queste scorie, ogni posizione sarà legittima, ma probabilmente strumentale (o strumentalizzata). A volte ridicola, sempre certamente viziata. Una discussione su queste basi ha tanto il sapore della lotta di potere, dell’interesse economico di pochi, della piccola battaglia di posizionamento. E non potrà quindi servire al bene delle romane e dei romani.

Ps.
Non incoraggia il sì alle Olimpiadi il fatto che le guiderebbero Montezemolo e Malagò.
Non ha senso decidere ragionando della presenza delle mafie o della corruzione del nostro Paese (ci troveremmo costretti a chiudere troppe cose del nostro Paese!).
Una classe dirigente che si candida a governare una città ha il diritto e il dovere di decidere, soprattutto se in campagna elettorale ha preso i voti su una posizione politica. Invocare il referendum – senza peraltro esplicitare il proprio punto di vista – somiglia tanto a una scorciatoia.

#perpietà

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