Saremo in piazza il 25 settembre a Reggio Calabria. Per nulla a cuor leggero, abbiamo deciso di esserci. Per molte ragioni. Innanzitutto perché non può essere casuale – accade con impressionante puntualità almeno dall’attentato a Saverio Zavettieri – la stretta corrispondenza che esiste tra bombe, intimidazioni e appuntamenti elettorali. Perché ci sembra stringente – al punto di soffocare – la connessione tra mafia e politica, tra apparati deviati e pezzi delle istituzioni. Perché non ci sembra sufficiente il tentativo di reagire della società civile.
Non ci nascondiamo, però. Questa manifestazione non è la straordinaria marcia Reggio-Archi. Non può esserlo, non ci sono le condizioni (e su questo dovremmo tutti quanti aprire una riflessione senza sconti). E il fiume di adesioni che vediamo ogni giorno se per un verso incoraggia tanta gente perbene a scendere in piazza, per l’altro ci mette tutti di fronte a due difficoltà sostanziali. La prima: l’appello elaborato non entra davvero nel merito delle grandi questioni che attraversano la Calabria e il Sud. Non affronta i nodi centrali per il futuro della nostra comunità: il lavoro (e il lavoro nero), le grandi opere (a partire dal No al Ponte, per il quale torneremo in piazza il 2 ottobre a Messina, fino allo scandalo della Statale 106 o della Salerno-Reggio Calabria), la cura del territorio e l’abusivismo (quanto mai necessarie in Calabria, terra di alluvioni), i migranti (da Rosarno in giù, un buco nero per tutti), la vergogna della borghesia mafiosa, il racket (e le ipocrisie legate alle mazzette), la selezione della classe dirigente e della classe politica, la compattezza delle istituzioni e della magistratura, la carenza dei servizi sociali (e l’abitudine che i cittadini hanno fatto alla sottrazione quotidiana di diritti elementari), la prepotenza della politica che tutto fa e disfa senza avere un progetto. E si potrebbe andare avanti a lungo.
Poi c’è un altro problema, altrettanto grave. Tutti o quasi – troppi – hanno aderito alla manifestazione. Chi ci crede e chi no, chi vuole differenziarsi e chi vuole mescolarsi tra la folla, chi vuole approfittarne e chi sceglie di stare in piazza, chi pensa di essere il più bravo e chi pensa di essere il più furbo. Anche personaggi dai quali è meglio stare lontani saranno in piazza sabato 25. Speriamo di vedere sfilare migliaia di persone ma è bene precisare che noi non siamo per l’unità, non siamo per l’unanimità. Neanche nella lotta alla ‘ndrangheta. Perché se la ‘ndrangheta sta nel potere e nelle istituzioni, se sta nell’economia e occupa i posti cruciali della classe dirigente non possiamo stare tutti dalla stessa parte. Se lo facciamo commettiamo un errore. Imperdonabile. Non tutti i percorsi sono uguali, è bene saperlo se vogliamo davvero parlare di ‘ndrangheta e Italia, se vogliamo rovesciare convinzioni e schemi precostituiti, sciogliere grumi di interessi perversi, se vogliamo denunciare pupi e pupari, se vogliamo conoscere e riconoscere, se vogliamo distinguere veri e falsi intellettuali, vittime e carnefici, padroni e padrini, bianco e nero, se vogliamo orientarci nella melassa del grigio. Se vogliamo davvero affrontare la grande questione del Potere con tutto quello che significa.
E allora misuriamoci sui fatti, sulla politica, sulle scelte, sulle posizioni. Ci spieghino le forze politiche e gli amministratori – a partire da quelli regionali – come condizionano il consenso, come compilano (e compileranno) le liste elettorali, cosa pensano delle grandi questioni che riguardano la Calabria. E come commentano le inchieste della magistratura – ne aspettiamo ancora delle altre – che stanno svelando, poco a poco, compromissioni, legami, ricatti, infiltrazioni. Se esistono delle zone d’ombra, perché non prendono le distanze? Perché non pronunciano parole chiare? Perché non sono conseguenti negli atti? E lo stesso riguarda le forze sindacali (che non sono immuni da colpe), i rappresentanti delle categorie (perché siamo così indietro rispetto ad altre regioni?), i giornalisti e gli intellettuali (sono davvero liberi o rappresentano gli interessi di qualcuno?), le associazioni e i movimenti (perché in una situazione così drammatica c’è così poco conflitto?), tutti i cittadini (quanto siamo coinvolti nel sistema affaristico-politico-para-‘ndranghetistico che governa il nostro territorio?).
daSud al corteo di Reggio Calabria |