CANCUN – L’immagine più chiara la fornisce, forse involontariamente, Christina Figueres, la responsabile dell’Onu sui cambiamenti climatici. È il suo pianto a spiegare in maniera eloquente lo stato dell’arte al vertice Cop 16 di Cancun durante il quale i governi di 194 Paesi de mondo sono riuniti per affrontare la crisi ecologica e il riscaldamento del Pianeta. Figueres parla con i giovani che sono venuti al vertice messicano da tutto il mondo e a un certo punto scoppia in lacrime. Dice: «Non importa quale sarà l’accordo – commenta riferendosi all’intesa che potrà uscire dal vertice – perché è comunque pateticamente insufficiente». Introduce anche un elemento di umanità, raccontando di avere due figli di 21 e 22 anni, rivelando il suo sogno di farli vivere in un mondo migliore. Poi si asciuga gli occhi, spiega ai ragazzi che sarà la prossima settimana quella decisiva e chiarisce che non si dà per vinta, che si spenderà fino in fondo per cercare di convincere i governi della necessità di un impegno vincolante per il clima e a salvaguardia della Terra. Non ci crede Christina Figueres e in fondo non ci crede nessuno alla possibilità di un’intesa vera. Sono troppi i segnali negativi: dal fallimento della Cop 15 di Copenaghen alle deludenti attività preparatorie delle riunioni internazionali di Bonn (in Germania) e Tianjin (in Cina). Una situazione sempre più preoccupante, che riguarda tutti e che tutti pensano di risolvere semplicemente non affrontandola come se la crisi ecologica ed economica non fosse già realtà, non fosse già il frutto amaro di un sistema mondiale al collasso.
E stanno arrivando in migliaia a Cancun, da tutte le parti del mondo, a ricordare ai potenti del Pianeta che il sistema mondiale è ormai vicino al collasso, che è necessaria un’assunzione di responsabilità da parte di tutti. In queste ore sono già iniziate le prime proteste: un miniblitz di Greenpeace Messico ha sollevato il caso della zona di Quintana Roo, dell’aggressione delle attività petrolifere e turistiche, gli agricoltori hanno già lanciato l’allarme «ecocidio» a proposito del cementificio costruito nella zona dio Veracruz mentre alcuni movimenti di Cancun sono stati ieri mattina a protestare davanti al municipio. Sono solo le prime avvisaglie. Infatti il movimento ambientalista mondiale è arrivato in forze a Cancun e non mancherà di farsi sentire.
È diviso in tre tronconi, però, il movimento. Per tre controvertici con tre programmi e tre diverse attività (che probabilmente potrebbero trovare qualche punto di contatto in occasione della manifestazione convocata per il 7 dicembre per le strade di Cancun). Il primo dei controvertici è quello dei movimenti dei contadini e delle vittime ambientali che fanno capo a Via Campesina. Nel villaggio allestito nello stadio della città sono arrivate tre carovane – organizzate da Via Campesina e dell’Assemblea nazionale delle vittime ambientali (un’organizzazione che raccoglie centinaia di vertente ambientali messicane) – partite il 27 novembre e che hanno attraversato i luoghi simbolo del Messico convogliando i movimenti studenteschi e dei lavoratori. La prima carovana è partita da San Luis Potosì per denunciare la presenza di una miniera a cielo aperto che dovrebbe fare la ricchezza del territorio e invece, naturalmente, è un concentrato di veleno per il terreno e le falde acquifere. La seconda carovana è quella di Salto, luogo altamente contaminato per la presenza di un gigantesco polo industriale e di una discarica di ben 71 ettari che non rispetta nessuna norma di sicurezza. Alle carovane di via Campesina ha partecipato anche una delegazione italiana di Rigas (Rete italiana per la giustizia ambientale e sociale, che raccoglie oltre 60 organizzazioni da nord a sud). Via Campesina ha organizzato anche mobilitazioni dei movimenti di agricoltori in ogni parte del mondo «per creare migliaia di Cancun», mentre altre due carovane autonome sono partite in segno di solidarietà da Oaxaca e dal Chiapas. Il secondo troncone del movimento è quello di Dialogo climatico (che si riunisce in un villaggio allestito a due passi dal palasport della scherma), una realtà composta da centinaia di associazioni e comitati di base provenienti da ogni parte del mondo, che ha a cuore le sorti del Pianeta e che organizza un fitto programma di confronti e dibattiti sulla crisi ecologica mondiale provando anche a declinarla nelle realtà nazionali e locali. Il 5 dicembre uno dei panel principali – promosso da Rigas – è dedicato all’Italia e alla crisi (che naturalmente non è soltanto quella politico-parlamentare di questi giorni) del nostro Paese nell’era di Berlusconi. Significative rappresentanze italiane sono presenti anche nel terzo troncone del movimento ambientalista che dà vita al controvertice Klimaforum che ha trovato la sua sede nella zona di Puetro Morelos. Ci sono le delegazioni di numerose associazioni e ong tra cui Legambiente, Wwf e Greenpeace che s’è già fatta notare per la presenza della sua nave e perché il 29 novembre in apertura del forum ha lanciato un gigantesto pallone aerostatico nei cieli dell’antica città Maya Chichenitza con la scritta inequivocabile “Rescue the Climate”.
In questo clima si svolgono i lavori della Cop 16. Con il cuore e la mente che sta dentro i controvertici e l’economia che guida le scelte dei governi. Che sono a Cancun, ma che già puntano al Cop17 del prossimo anno a Johannesburg. A meno che le lacrime di Christina Figueres non facciano il miracolo.
4 dicembre 2010
Pubblicato sul quotidiano Terra