Il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi si candida ufficialmente alla segreteria del Pd. Al di là del giudizio sul personaggio (l’intervista di oggi è senza mordente e non è il migliore auspicio per vincere una battaglia congressuale), direi: finalmente un governatore che si schiera e fa sul serio. Ce la farà?
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#M/9 Antimafia, la sinistra che non ce la fa
E niente, la sinistra non ce la fa proprio a parlare di antimafia.
Che sia istituzionale, di partito, di movimento non c’è nessuna differenza.
Roba da sbirri (o da guardie, o cunfirenti), a seconda delle latitudini.
Roba da eroi, evidentemente.
Roba da professionisti anche un po’ fissati, immagino.
Roba da buoni e inutili sentimenti, prendiamone atto.
Roba da preti di buona volontà, nella migliore delle ipotesi.
Come se invece non avesse a che fare con il funzionamento del capitalismo, l’esercizio delle libertà e dei diritti, il modello di sviluppo, l’organizzazione sociale, i rapporti di forza, i centri e le periferie, l’alto e il basso, la povertà e la buona o cattiva economia, la vita e la morte dei partiti, la vita e il futuro di intere generazioni, le opportunità e le scelte, il modo di stare al mondo, come se non fosse un nodo centrale di costruzione di un punto di vista nuovo e originale.
Salvo poi parlarne, spesso a sproposito, il giorno dopo.
#M/8 Che ne sarà del commercio?
L’inchiesta della procura distrettuale di Roma sulla camorra nasce da lontano, da quell’omicidio di Modestino Pellino che già nel 2012 prefigurava scenari che andavano naturalmente oltre i ristretti confini di Nettuno: ne avevamo scritto su Paesesera.it, ne avevamo parlato più volte nel corso di questi anni. Naturalmente inascoltati.
Oggi l’inchiesta contro il clan Moccia rompe un altro tempio dell’ipocrisia: la camorra aveva messo le mani anche sull’ortofrutta. In particolare, secondo gli inquirenti il clan Moccia predisponeva strutture e mezzi strumentali per le attività commerciali, individuava i fornitori, procurava anche i clienti. E stiamo parlando di supermercati e ristoratori importanti. Secondo il procuratore Prestipino il commercio è il settore “più esposto alle attenzioni dei clan”. Non proprio una cosa marginale per l’economia della città.
Ecco, di fronte a questa nuova inchiesta (che racconta quello che chi guarda alle cose con onestà intellettuale già conosceva) mi piacerebbe conoscere il parere del capo della Camera di commercio, di Confesercenti, Confcommercio e delle altre organizzazioni del settore che mai si accorgono della presenza dei clan nel loro settore. Poi mi piacerebbe conoscere il punto di vista di Roberto Giachetti, Roberto Morassut, Ignazio Marino, Stefano Fassina e Alfio Marchini che sono così impegnati nell’esercizio di rancori personali, camminate, slogan e tattiche (che peraltro sono anche piuttosto scadenti) da non accorgersi cosa accade nella città che si candidano ad amministrare.
Da qui in poi il silenzio e la sottovalutazione cominciano a puzzare di complicità.
#eleroma
#M/7 La cifra di Pisapia
Sulle primarie milanesi si potrebbero dire molte cose. Si potrebbe discutere del fatto che Renzi ha vinto indicando il suo candidato, si potrebbe dire che Sala è un pezzo della storia della destra che diventa capo della sinistra, che ha vinto ma non ha stravinto, si potrebbe ragionare sull’opportunità o meno del voto dei cinesi (spiegandolo, magari, perché detta così sembra proprio razzismo), si potrebbe discettare del fatto che Francesca Balzani era una candidata poco conosciuta, si potrebbe rilevare che Majorino è rimasto vittima del suo egocentrismo (anche esteticamente) anni Novanta, si potrebbe sottolineare che Sel era divisa su tre candidati e c’è anche (quindi una quarta posizione) chi pensava che non si dovesse partecipare alle primarie, si potrebbe persino considerare il fatto che l’ala sinistra della coalizione avrebbe potuto vincere se fosse rimasta unita (anche se in politica la matematica non è che funziona sempre). Tutti fatti su cui si può aprire una discussione.
Su due cose però non si dovrebbe più discutere. La prima è che Sala ha vinto le primarie. La seconda è queste primarie hanno dimostrato una volta per tutte (ma i segnali ci sono stati sin dal giorno successivo alla sua elezione) la cifra di Giuliano Pisapia, vero sconfitto delle primarie milanesi: ottimo avvocato, bravo sindaco, pessimo politico. Ricordiamocene il giorno in cui ci racconterà dove e come costruire il futuro della sinistra italiana.
#M/6 La retorica sui presidenti di municipio e le primarie
La retorica in politica si sa è pane quotidiano: una, a Roma, riguarda per esempio i presidenti di Municipio. Utili per ogni occasione. A loro discapito, a volte. Con la loro collaborazione, altre volte.
Così, nel deserto della politica romana, a volte sono stati individuati come l’unica via d’uscita. Sono stati “scelti” i presidenti di municipio, per esempio, per convocare la manifestazione di solidarietà a Parigi dopo gli attentati (sembra uno scherzo ma è così), sono stati i presidenti di municipio a promuovere l’iniziativa (che non ha lasciato nessun segno) del 23 gennaio che era stata pensata altrove (o almeno insieme ad altri).
Adesso, in vista delle elezioni, si torna a parlare dei presidenti di municipio dicendo che per loro non devono esserci le primarie di coalizione (alla fine, a quanto pare, si troveranno soluzioni pasticciate come posticipare le primarie). Perché? Perché sono stati legittimati dal voto due anni fa. Come se lo stesso discorso non potrebbe valere per Marino o per tutti i presidenti e i consiglieri.
La verità è che dire “presidenti di municipio” non vuol dire nulla (basti pensare a Ostia o al fatto che il Pd ha sfiduciato il suo presidente al sesto). Che non tutti hanno governato nello stesso modo, non tutti hanno dimostrato di valere la carica che hanno occupato. Alcuni presidenti sono stati molto bravi a livello amministrativo, altri a livello politico. Alcuni hanno mostrato tutti i loro limiti e le loro inadeguatezze. Alcuni, parecchi, per esempio, sono stati insufficienti nel lavoro sulle mafie e la corruzione.
Alcuni presidenti meritano la riconferma, altri no. In alcuni territorio le primarie potrebbero essere utili, in altri no. In alcuni territori ha senso costruire alleanze larghe, in altri probabilmente no. Si può dire? O bisogna prendersi tutto il pacchetto?
A me sembrano concetti fin troppo banali.
Le scorciatoie retoriche servono forse alle correnti non ai cittadini. La politica ha bisogno della responsabilità delle scelte. Di scelte di campo coraggiose. Può un dirigente politico assumersi la responsabilità di dire: sì o no?
Anche su questo il centrosinistra, il Pd, la sinistra – che facciano le alleanze o meno, che facciano le primarie o meno, che vadano divise o insieme alle elezioni – misureranno la loro capacità di essere un pezzo del futuro di Roma. Che ci sarà, con o senza di loro. Partecipare sta nelle loro mani. I presupposti (per le comunali e per le municipali) al momento sono soltanto negativi.
#mammasantissima