M/5 Mafia, parole sbagliate e fatti curiosi

L’altro giorno, scrivendo delle elezioni e in particolare di Giachetti e Fassina, sottolineavo come i due candidati a sindaco parlano di tutto – soprattutto di pd e primarie – tranne che di mafia.

Ieri Fassina mi ha smentito. Purtroppo.

Intervenendo a un’iniziativa, ha messo in discussione il commissariamento (non che sia un istituto perfetto: anzi!) e, utilizzando l’idea della partecipazione con un approccio evidentemente retorico, ha spiegato che per lui i cittadini di Ostia devono poter votare per il Municipio sin da giugno.

Parole non soltanto sbagliate, ma anche molto gravi.

Parole pronunciate con la superficialità di chi evidentemente non sa cosa davvero è accaduto e cosa accade a Ostia, di chi non conosce il livello di radicamento della mafia in quel pezzo di Roma, di chi non coglie fino in fondo il senso di essere un rappresentante istituzionale in un territorio in cui è presente e radicata la mafia.

Soprattutto parole pronunciate con una leggerezza che può rivelarsi pericolosa: sono sicuro che Fassina non ne aveva intenzione, ma la sua dichiarazione ha il sapore di certe frasi pronunciate negli anni Ottanta in Calabria o in Sicilia. I guasti di quegli atteggiamenti sono purtroppo sotto gli occhi di tutti.
E i cittadini di Ostia, e di Roma, che vogliono davvero un nuovo inizio e che su questo si sono messi in gioco tra mille sacrifici, che lentamente cominciano a credere che qualcosa può cambiare non se lo meritano.

fassinaNon meritano queste parole e neppure questa superficialità e leggerezza.

Il prossimo sindaco di Roma, lo ripeto, deve avere un punto di vista antimafia (non per la legalità, antimafia! Non legalitario, antimafia! Non giustizialista, antimafia!) o questa città rischia di vedere compromesso il suo futuro.

Queste le parole di Stefano Fassina: “Vorrei che i cittadini di Ostia votassero anche per il municipio, superando il commissariamento. Stiamo cercando di capire se si possa cambiare la decisione che è stata presa. È difficilmente comprensibile perché i cittadini di Ostia possono partecipare alle prossime elezioni alla scelta del sindaco e non alla scelta del presidente del Municipio”. “C’è un lavoro giuridico in corso e credo ci voglia una norma di legge per superare il problema. Stiamo facendo una valutazione giuridica, ma che riguarda anche più in generale la vicenda: è chiaro che se sussistono le ragioni che hanno portato allo scioglimento diventa complicato. Occorre sentire tutti i soggetti in campo anche la magistratura. Noi riteniamo che sia un punto comunque da affrontare: non ci rassegniamo a questo scenario. Anche ai fini della ricostruzione morale oltre che economica la partecipazione dei cittadini è un ingrediente fondamentale. Non penso che Ostia sia stata usata come capro espiatorio di Roma. Penso che i problemi siano seri e che la partecipazione democratica è l’antidoto migliore”.

Lo scivolone di Stefano Fassina su Ostia avviene in un momento particolare. In cui sono successe molte cose, che vanno tenute dentro lo stesso quadro per capire cosa – sul fronte della politica, della giustizia, delle istituzioni, della criminalità – sta accadendo a Roma.

Proprio stamattina il procuratore generale della corte d’appello di Roma, Giovanni Salvi dichiara, a proposito di Mafia Capitale: “Gli anticorpi non hanno funzionato se è stato possibile una così pervasiva influenza sull’amministrazione locale”. E spiega che l’azione è continuata anche dopo Alemanno.

Non più di due giorni fa il prefetto di Roma Franco Gabrielli in commissione Antimafia tratteggia il ruolo enorme (e del tutto sottovalutato) che hanno su Roma la ‘ndrangheta (soprattutto) e le altre mafie tradizionali (cosa nostra e camorra) spiegando quale sia l’influenza su settori strategici nell’economia di questa città come il turismo, la ristorazione, l’edilizia (senza dimenticare, naturalmente, la droga).

Ieri invece sono accaduti due fatti molto importanti. Il primo: l’avvocato di Massimo Carminati, Giosuè Naso che dalla prima udienza del processo su Mafia Capitale ci sta abituando a continui show, ieri ha alzato il tiro: prima ha attaccato frontalmente la procura e il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, poi anche il giornalista Lirio Abbate con toni e modalità che evocano direttamente i toni e le modalità delle mafie. Il secondo: la corte d’assise d’appello di Roma ha condannato a trent’anni Michele Senese (detto il pazzo) per l’omicidio del boss della Marranella Giuseppe Carlino. Al contrario di quanto era avvenuto in primo grado, la corte non ha riconosciuto la modalità mafiosa per Senese e i suoi uomini. Un lungo passo indietro, pericoloso. È davvero curioso che il presidente della Corte fosse il magistrato-scrittore Giancarlo De Cataldo, autore di Romanzo criminale e Suburra.

 

#m4 / Di tutto ma non di mafie

Parlano di tutto Giachetti e Fassina. Parlano di Renzi e di Marino, delle primarie e del Pd. Parlano di tutto (Giachetti per la verità nelle decine di interviste che ha rilasciato non ha ancora espresso una idea una sulla città: aspettiamo fiduciosi!) e parlano ogni giorno, con ogni mezzo, da ogni redazione o studio televisivo.
Soltanto di mafie non parlano mai, a parte qualche rituale e retorico richiamo a Mafia capitale o a Raffaele Cantone. Non ne hanno parlato neanche ieri, o oggi. Per commentare l’audizione del prefetto Gabrielli in commissione Antimafia (e gli affari di ‘ndrangheta, camorra e cosa nostra che stanno cambiando i connotati alla città) e la curiosa storia del commissario Tronca che ha bocciato il piano anticorruzione di Sabella per farne uno nuovo (su questo prima o poi si capirà chi dei due ci ha preso in giro). Eppure sono fatti fondamentali se davvero ti candidi per cambiare la città. Parlano di tutto, ma su questo neppure una parola. Né un commento né un tweet, né una battuta né un video.
Ecco, chi non assume l’antimafia come punto di osservazione del futuro della città non potrà avere il mio voto.
‪#‎elezioni‬ #mammasantissima 

#m3 Se fosse un autogol

Uno scuolabus incendiato a Martone, un attentato contro un (futuro) centro culturale a Caulonia, fiamme contro gli autocompattatori per la spazzatura a Gioiosa Ionica.
Fatti avvenuti nel giro di pochi giorni, a qualche chilometro l’uno dall’altro, nella Locride, in Calabria. Fatti naturalmente non collegati, che tuttavia sono legati da un filo: vengono presi di mira i servizi per le persone (la scuola, la cultura, la raccolta dei rifiuti), vengono colpiti obiettivi che rischiano di peggiorare la vita concreta delle persone.
La ‘ndrangheta (chi altri se no?) in questo caso non priva le comunità di “generica” libertà (non che questo non sia drammaticamente attuale e grave), non condiziona la politica (su cui i cittadini non hanno fiducia), non ruba dal bilancio comunale facendo lievitare i costi di un appalto (cosa che non ha una ricaduta immediata), ma rischia di far perdere ai cittadini alcune cose necessarie nella quotidianità (la possibilità di mandare i figli a scuola o di avere i cassonetti puliti sotto casa).
Siamo di fronte a un fenomeno nuovo? Non credo. E non credo che una modalità criminale escluda necessariamente l’altra. Siamo di fronte ad alcune coincidenze. Eppure a volte le coincidenze, possono indicare il segno dei tempi.
E allora mi chiedo, a bassa voce: e se i clan stessero commettendo un grave errore strategico? E se fosse sbagliata la scelta di colpire così? E se questa cosa coincidesse con una caduta del consenso sociale? E se i cittadini, di fronte a una cosa così concreta, decidessero davvero di dire basta? E se le istituzioni, davvero, decidessero di reagire?

#m2 Il giorno delle lettere

Mi perdoneranno tutti i protagonisti politici che affollano le pagine, locali e nazionali, dei nostri giornali e che dibattono sui social network con la veemenza (mascherata da pacatezza) tipica di adolescenti, ma oggi le uniche cose da leggere (in attesa di vedere l’annunciatissimo video con cui Giachetti si candiderà alle primarie per il sindaco di Roma) sono due lettere al direttore. Le hanno scritte due politici per così dire della vecchia guardia: Massimo D’Alema sul Corriere risponde all’ambasciatore di Israele, Goffredo Bettini smentisce un retroscena dell’Unità.
In entrambe le lettere (che trovo divertenti e interessanti) di questi due personaggi – amatissimi e odiatissimi, certamente controversi e a cui sono stati attribuiti (spesso con verità) scenari politici da brivido e grandi intuizioni, che hanno avuto pesanti responsabilità – ci sono stile, mestiere e cattiveria (oltre ad alcune notizie sullo scenario politico attuale buone per chi le vuole e sa leggere). Qualità che non trovo in troppi politici di oggi che, al più, hanno cinismo da vendere, tanta immotivata presunzione e nessuno stile.

#m1 Facciamo tutti schifo

In pratica, riducendo all’osso, la posizione del Pd sul caso Quarto è: Cari amici del M5S, smettetela con questa cosa della superiorità morale. Siamo tutti uguali, facciamo tutti schifo allo stesso modo. In fondo, la stessa posizione che Berluscconi aveva nei confronti della sinistra che lo accusava di mille nefandezze.

Sempre un livellamento verso il basso, sempre giustizialismo accattone o un falso moralismo. Sempre rinuncia al senso della politica. Sempre il fumo e mai la sostanza delle cose (che è anche strategia di difesa imbarazzata e imbarazzante adottata dai grillini). Un processo di involuzione legittimato dai media per i quali un piccolo centro come Quarto diventa scandalisticamente il centro del mondo.
Non stupisce ormai, ma continua a fare male. Perché in gioco ci sono le regole, i diritti, i principi di uno stato democratico, il potere delle mafie e classi dirigenti incapaci e improvvisate. E quella cosa così marginale che è rappresentata dalla vita delle persone.