Under. Giovani, mafie, periferie

2Giovani, spesso anche minori, gambizzati e uccisi. Un esercito cresciuto all’ombra dei clan e dei “cattivi maestri”, pronto a morire o uccidere. Per soldi o per il solo fascino del potere che si trasforma in consenso sociale. I protagonisti di questa opera che nasce da un dossier dell’Associazione antimafie daSud, realizzato con il contributo della Fondazione con il Sud, sono soprattutto loro, gli adolescenti cresciuti troppo in fretta, o troppo presto uccisi, e le loro storie, di droga e arresti, armi e omicidi, che balzano agli “onori” delle cronache con una frequenza allarmante, ma il più delle volte in maniera superficiale. Anche sui grandi media, che all’approfondimento di un fenomeno spesso preferiscono la spettacolarizzazione. Al contrario, il legame tra il mondo dei giovani e il sistema mafioso, la trasmissione di ruoli e “valori”, continua a essere un tema di grande attualità. Per questo, ora più che mai, è necessario provare a elaborare una analisi puntuale su questo rapporto, studiando il contesto sociale dove questo legame si salda, a partire dalle periferie delle nostre città. “Under” è essenzialmente questo: un viaggio in prima persona nel paese reale dei baby criminali, quello della strada, della scuola, della famiglia o del carcere, e allo stesso tempo un’immersione nell’immaginario del cinema e dei social media. Un’opera corale che oltre a restituire uno spaccato drammatico del nostro paese prova a individuare gli strumenti per affrontarlo e costruire un nuovo futuro.  >> CONTINUA A LEGGERE 

Un nuovo libro: Roma tagliata male

Roma tagliata maleAbbiamo scritto un libro (è un ebook che potete comprare sul sito della casa editrice Terrelibere.org e su tutti i principali store online), si intitola “Roma tagliata male” e ha un sottotitolo eloquente: “Il sistema droga: così le mafie succhiano il sangue della Capitale”, la cura è mia. Per la prima volta si pubblica un’inchiesta completa sul sistema della droga a Roma. E’ un lavoro collettivo, importante. E voglio ringraziare tutti quelli che hanno scritto: ci sono gli interventi di Igiaba Scego e Luca Manzi e ci sono i testi di Rosamaria Aquino, Diego Carmignani, Marco Carta, Danilo Chirico, Lara Facondi, Eleonora Farnisi, Chiara Gelato, Vincenzo Imperitura, Lorenzo Misuraca, Ambra Murè, Luigi Politano, Luca Salici e Carmen Vogani.
Tutti gli introiti vanno alla Mediateca antimafie intitolata a Giuseppe Valarioti che si trova nella sede di daSud in via Gentile da Mogliano 170 a Roma, nella zona del Pigneto.

Questa è la quarta di copertina di “Roma tagliata male”:

Un libro collettivo racconta per la prima volta l`impero della droga a Roma. I distributori, lo spaccio e il consumo. Ma anche un`economia parallela che alimenta e distrugge periferie e piccoli spacciatori, diffonde eroina, impone nuovi prodotti chimici. E mentre i cittadini chiedono “sicurezza”, non si parla di antiproibizionismo e le carceri sono piene di consumatori

Biscotto, Biondino e Pippetto girano su maxiscooter, pistole in mano come a Scampia. «Pjiamose Roma» è il loro motto. Sono i distributori. ‘Ndrangheta e camorra fanno arrivare la coca dal Sudamerica. I siciliani di Ostia si occupano dell`eroina. È la filiera della droga. All`ultimo livello, manovalanza violenta, poveracci che arrotondano, ma anche ultras e neofascisti. Maneggiano coca, menano e non contano niente. Cani da guardia con licenza di gambizzare. C`è chi garantisce impunità: «Le guardie sanno chi va bevuto e chi va lasciato stare». Le mafie non stanno nelle piazze di spaccio, le governano con i soldi. Non le fermeranno le videocamere o l`ossessione securitaria.

I monumenti della città turistica nascondono le cittadelle della droga. San Lorenzo e Pigneto. San Basilio e Tor Bella Monaca. Nel 2012 sono stati sequestrati nella capitale 5500 chili di coca. Un fiume bianco che stravolge la società e l`economia. La droga si sta mangiando Roma e succhia il sangue della città che in Italia ne consuma di più. I soldi del commercio illegale controllano pezzi sempre più consistenti di economia. Intere periferie vivono con le briciole dei traffici.

Eppure l`argomento è ancora tabù.  Non si parla di antiproibizionismo e le carceri sono piene di consumatori.

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Perché / #fattidimafia

Se loro spacciano abbiamo perso tutti – di Igiaba Scego

1.

1.1. La caduta degli dei

1.2. Un fiume in piena verso la città

1.3. Boss, broker, ultras e pesci piccoli: il sistema “a strati”

1.4 Prigione o vacanza dorata?

2.

2.1 Le piazze dello spaccio

2.2 Un funerale celebrato troppo presto

2.3. Tirare tutti, bene e finché dura

2.4. Chemical revolution

2.5. Alla ricerca di una nuova identità

3.

3.1. La droga dietro le sbarre

3.2. Leggi da buttare

4.

4.1. Trainspotting alla romana

4.2. La Roma delle pere e degli schizzetti

5.

5.1. Un sistema da rifare

Presentazione del libro “Passaggio di testimone. Undici giornalisti uccisi dalla mafia e dal terrorismo”

passaggio di testimone copertina 1Presentazione del libro “Passaggio di testimone. Undici giornalisti uccisi dalla mafia e dal terrorismo” ( Navarra Editore – 2012, Collana Fiori di campo). I diritti d’autore del libro saranno devoluti alla rivista Casablanca – storie delle città di frontiera, consultabile sul sito www.lesiciliane.org.

La serata sarà inoltre un’occasione per presentare i volti e le iniziative che l’Associazione Antimafie “Rita Atria” – Presidio di Roma ha in programma per i mesi a venire tra cui la partecipazione attiva al Comitato No Muos – Roma (presente con una mostra fotografica NO Muos) oltre che per ascoltare attraverso le parole dei/lle giornalist* di Errori di Stampa, storie di chi ogni giorno, nonostante le limitazioni della precarietà, si spende sul territorio per raccontare e informare a schiena dritta.

MODERA: PIETRO ORSATTI (giornalista, scrittore e regista)

INTERVENGONO:

CLAUDIO FAVA (deputato, giornalista e scrittore)
MICHELE GAMBINO (giornalista, saggista)
SERGIO NAZZARO (giornalista, scrittore)
ULISSE (testimone di giustizia, presidente onorario Associazione Antimafie “Rita Atria”)
GRAZIELLA PROTO (giornalista, fondatrice e direttrice della rivista “Casablanca”)
DANILO CHIRICO (giornalista, scrittore)

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“Chi ha in mano un testimone – scrive nella prefazione Salvo Vitale, curatore della collana Fiori di campo, cui il libro stesso appartiene – ha una grave responsabilità: non perderlo, non farlo cadere, essere degno dello sforzo del compagno che glielo ha passato, anzi, tentare di far meglio. Le staffette vengono chiuse dagli atleti più veloci. Il passaggio implica un gioco di squadra, una sinergia all’interno di un percorso comune, ma soprattutto una responsabilità individuale”.

Sinergia, gioco di squadra, percorso comune e responsabilità individuale. Raccogliere il testimone e la testimonianza non sembra affatto un’operazione facile, ma estremamente necessaria specie quando la democrazia stessa è minacciata. Raccogliere il testimone e continuare la corsa diventa quindi un impegno e una responsabilità civile cui nessuno può esimersi. La corsa non è conclusa, il passaggio è ancora in corso. A ciascuno di noi spetta questo compito nella quotidianità, continuando a correre, senza fermarsi.

Undici storie, undici persone, undici testimonianze quelle raccontate nel libro edito da Navarra. Undici giornalisti morti per aver scritto, uccisi per aver raccontato. Vittime delle mafie e del terrorismo. Morti per aver voluto, attraverso il giornalismo, svolgere il compito di molesto watch dog del potere oltre che quello di tenere alta l’attenzione su temi e problemi che, sebbene sotto gli occhi di tutti, si preferisce ignorare perché scomodi o rischiosi. Un giornalismo, quindi, che vuole avere un riscontro nella vita sociale del Paese, passando anche per il risveglio critico ed etico della coscienza sociale. A raccontarli altri giornalisti e giornaliste, colleghi e colleghe impegnati su quegli stessi territori, in una sorta di staffetta dell’informazione a schiena dritta.

Un tentativo, quello del libro e di questa presentazione, di andare oltre la vuota retorica celebrativa e guardare all’esempio di quei giornalisti non come martiri eroici di un’informazione che resiste ma come un invito a non rendere vano il sacrificio e l’esistenza stessa di chi ha deciso di intraprendere il mestiere di cronista “in quel modo infaticabile, quotidiano, di raccontare quello che accadeva, di documentare le storie di ordinaria miseria, di spiegare, mostrare, istruire” all’insegna di quel “concetto etico di giornalismo. Un giornalismo fatto di verità, impedisce molte corruzioni, frena la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, sollecita la costante attuazione della giustizia, impone ai politici il buon governo” di Giuseppe Fava.

Un invito a non rimanere in silenzio, a non chiudere gli occhi e a non voltare le spalle che coinvolge non solo gli operatori dell’informazione ma tutti noi, nel quotidiano. Testimoni e costruttori/trici di Giustizia come Rita Atria, cui non a caso è intitolata la nostra Associazione, Ulisse, che ne è presidente onorario, e sua moglie, come quanti e quante ogni giorno denunciano atti criminosi e illegalità.

“Al di là della notte” di Raffaele Sardo

SardoUccisi per l’impegno politico. E la scelta rigorosa di difendere il territorio, la trasparenza amministrativa, la dignità di un popolo. Sono Mimmo Beneventano e Marcello Torre, che la camorra ha voluto morti nel 1980. Due morti che dopo 30 anni richiamano al sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, ucciso quest’anno.

Mimmo Beneventano è un medico con la passione per la poesia, «il medico dei poveri, che ha la porta sempre aperta», spiega Raffaele Sardo il giornalista che delle vittime della camorra ha dedicato il libro “Al di là della notte” (Pironti editore). Mimmo vive a Ottaviano, il paese del boss Raffaele Cutolo, e compie la scelta scomoda di impegnarsi nel sociale e di fare politica nel Pci. Diventa consigliere comunale nel 1975, viene riconfermato nel 1980. Lo ammazzano a 32 anni, la mattina del 7 novembre. È presto, Mimmo esce di casa per andare a lavoro. Lo freddano mentre sale a bordo dell’auto, davanti agli occhi increduli di sua madre Dora che vede tutto dalla finestra. I colpevoli del suo omicidio sono rimasti tra i segreti della Nuova camorra organizzata di Cutolo. Che non esiste più. Di certo, paga il suo impegno contro le speculazioni edilizie e gli appetiti dei clan in un territorio che si appresta a entrare nel parco nazionale del Vesuvio, paga la sua popolarità. Troppo per una camorra che nella gestione del consenso sociale ha una parte importante della forza. Dopo poche settimane, il 23 novembre, c’è il terremoto in Irpinia: una tragedia con migliaia di morti e intere città distrutte. L’affare del secolo per la camorra, che non può certo accettare resistenze. Per questo viene eliminato Marcello Torre, sindaco dc di Pagani (Salerno). «Gli propongono di entrare nel patto tra camorra e politica – spiega Sardo – per gestire la partita del terremoto. Lui non ci sta». È la miccia di una bomba innescata da tempo. Torre è un politico di razza (è stato consigliere provinciale) e viene minacciato già prima di diventare sindaco tanto da scrivere una eloquente lettera-testamento: «Temo per la mia vita. […] Torno alla lotta soltanto per un nuovo progetto di vita… Sogno una Pagani civile e libera». Troppo libera. Lo uccidono a 48 anni, l’11 dicembre. Il mandante è Raffaele Cutolo.

«Va ancora scritta questa pagina di storia della Campania – osserva Sardo – questi due importanti omicidi per molti anni sono stati sottovalutati: per la debolezza della società civile e della politica, perché la camorra veniva letta solo in chiave strettamente criminale». Un errore. Subito dopo quegli omicidi, «il modello Cutolo, dell’uomo solo al comando non regge più e gli scontri tra i clan si acuiscono» e nel 1984 scoppia la guerra con la Nuova famiglia, il cartello degli Alfieri e i Nuvoletta. «Si afferma un nuovo modello con un rapporto sostanziale con la politica», sottolinea Sardo. Sono gli stessi anni in cui una nuova generazione di campani comincia a vedere nell’anticamorra un motivo di impegno importante. 

Luigi Silipo, 38 anni fa

Ho incontrato la storia di Luigi Silipo per caso, mentre facevo le ricerche per il libro “Dimenticati”. Era un sindacalista dei braccianti e un dirigente del Partito comunista. E’ stato ucciso a Catanzaro, la sera del primo aprile del 1965. Esattamente 38 anni fa.
Luigi Silipo è la prima vittima comunista calabrese. La prima di tante, troppe che abbiamo raccontato nel nostro libro. Oggi finalmente la sua storia rimasta avvolta nel mistero per troppi anni – lungamente nascosta, dimenticata, occultata – torna viva. Grazie al collettivo di scrittori Lou Palanca e al libro Blocco 52.

Presenterò questo libro il 13 aprile a Roma, alla cooperativa sociale La Cacciarella, in via di Casal Bruciato 11. Con gli autori ci saranno anche Enzo Ciconte e Alfredo Borrelli. Ci vediamo alle 18.

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