Liberiamo tutti insieme strade e piazze di Rosarno

Non era un mistero per nessuno, da almeno dieci anni. E faceva comodo a tutti: ai cittadini e agli imprenditori, alla politica nazionale e locale, agli ispettori e alle asl. Per questo solo oggi l’Italia scopre Rosarno. Perché a (quasi) nessuno interessava scoprirla prima. E quando qualcuno ha deciso di rompere il silenzio e ne ha cominciato a parlare e scrivere, quando alle cacce all’uomo si sono contrapposte le iniziative di solidarietà invece di esplodere il caso Rosarno come una vicenda nazionale è partita un’operazione sistematica di “silenziamento”. Che è finita soltanto grazie ai neri. Che nel 2008 hanno denunciato i loro aggressori in un territorio pieno di paura e omertà, che nel 2010 si sono ribellati alle provocazioni e agli spari.

A Rosarno è successo qualcosa di straordinario, nel senso di fuori dall’ordinario, nel senso di grave come non mai. Allo sfruttamento dei lavoratori e all’emergenza umanitaria, allo scaricabarile della politica e all’omertà dei controllori, al razzismo di tanti cittadini e all’indifferenza di tanti altri, si sono aggiunti comportamenti da Mississipi burning e la deportazione di una razza in stile Shoah. Non era mai accaduto, quali che siano le cause e le giustificazioni. E non bisogna sottovalutarlo. E’ accaduto a Rosarno e in questo contesto la ‘ndrangheta ha avuto un ruolo centrale che chi sottovaluta o derubrica a componente secondaria nulla capisce delle cose calabresi o in malafede fornisce una analisi sbagliata dei fatti. In questo senso, la sedicente manifestazione dei cittadini è solo una ulteriore conferma dell’assenza delle più elementari libertà.
Le arance insanguinate di Rosarno che, dopo piazza Navona, iniziano a circolare per le strade e le piazze italiane sono il simbolo di tutto questo. Sono il sale su una ferita che s’è aperta a Rosarno e che riguarda tutti. Riguarda anche Maroni, che finge di non capire. Una ferita che potremo rimarginare soltanto quando tutti, nessuno escluso – a partire dai cittadini di Rosarno e calabresi, dal movimento antirazzista a quello antimafia, dalle forze politiche e sindacali, dalla chiesa a tutti i cittadini – ci faremo carico di restituire la verità su quello che accade da anni a Rosarno, sulle denunce che sono state fatte e ignorate per anni. Sulle battaglie per i diritti e sulla negazione delle libertà. Senza indulgenza e senza giustificazionismi di maniera. Solo con una nuova consapevolezza e ristabilendo la verità si può cominciare a ragionare insieme su come ripartire, su come restituire agibilità democratica e diritti su un territorio abbandonato e che, pure, ha una tradizione gloriosa di lotte popolari, per la democrazia, contro le cosche. Questo dossier di Stopndrangheta raccoglie notizie, filmati, foto, esperienze che partono dal 2006 e arrivano fino a oggi. Come al solito, è certamente parziale, è a disposizione di tutti e a tutti chiede un contributo. Avrà anche una versione cartacea. Serve solo come punto di partenza per capire un po’ di più e più a fondo cosa accade in questo nostro Paese. E magari a ricordare, come sostiene l’ex sindaco di Rosarno Peppino Lavorato, che a macchiare l’immagine di Rosarno non sono i media (pure spesso colpevoli perché poco curiosi), ma le cosche della ‘ndrangheta. E che nessuno può accettare l’idea che esiste un pezzo di territorio off limits e non attraversabile. Le strade e le piazze di Rosarno sono territorio libero in un Paese libero. O no? A questa domanda bisognerebbe darsi una risposta sincera. Uscendo da ipocrisie, indifferenze, logiche di appartenenza e pregiudizi ideologici.

(dossier Arance insanguinate)

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