Sono stato a Teano per la manifestazione che punta a ricostruire un patto nuovo per l’Italia a 150 anni dall’incontro tra Garibaldi e il re. Ecco il resoconto della prima giornata scritto per il Quotidiano della Calabria.
TEANO (CE) – Le bandiere italiane sono a centinaia, stanno ovunque. Attaccate ai balconi delle case, appese fuori dai negozi, esposte dentro i bar, abbarbicate sui lampioni dell’illuminazione pubblica. Qualcuno ironizza e dice che sembra di stare allo stadio per la finale dei mondiali di calcio. È invece il paesaggio – forse anche un po’ retorico – di una città sinceramente in festa. Dovunque a Teano c’è il segno della storia, il segno dell’incontro tra Giuseppe Garibaldi e il re Vittorio Emanuele II che segnò l’annessione del Mezzogiorno all’Italia.
Guai però a pensare che – a 150 anni dal proverbiale «Obbedisco» di Garibaldi (l’anniversario è il 26 ottobre) – si stia facendo una semplice rievocazione di una pagina, sia pure importante, della storia d’Italia. In questo piccolo centro del Casertano sono arrivati da tutta Italia per provare ad avviare un percorso, complicato, che dovrà servire a ripensare, e ricostruire, l’unità di un Paese in crisi e ripiegato su se stesso, vittima della sua classe dirigente fragile e delegittimata, colpito al cuore dai leghismi e dall’assenza di memoria.
Dentro un bell’auditorium ricavato in una chiesa sconsacrata, c’è Tonino Perna, il sociologo dell’università di Messina che guida il comitato promotore. È soddisfatto, si vede anche dal fazzoletto rosso garibaldino indossato a mo’ di cravatta. «Teano si dimostra un paese accogliente – commenta – contento di essere risorto dalla storia fiero di essere il luogo in cui inizia un cammino che porterà a un’Italia diversa da quella di oggi che non funziona più dal punto di vista politico ed economico». Un percorso fatto di idee originali e buone pratiche contenute in un decalogo che è alla base del “Patto per una nuova Italia” che sarà siglato alla fine della manifestazione. Di queste suggestioni, esperienze, innovazioni – del futuro dell’Italia – sono chiamati a discutere centinaia di sindaci, amministratori, esponenti del mondo del terzo settore e dell’associazionismo, cittadini. Un lavoro importante, interessante. Tra dibattiti e workshop, stand e presentazioni di libri, spettacoli teatrali e performance musicali, si alternano personaggi come lo storico Paul Ginsborg e il padre comboniano Alex Zanotelli, il giornalista Riccardo Iacona e don Luigi Ciotti, il regista Mario Martone e il comico Paolo Hendel. Moltissimi altri. È atteso – martedì – anche Gigi Proietti che sarà protagonista di una rievocazione dell’incontro tra Garibaldi e il re con il docente di Ingegneria della Sapienza Enzo Scandurra.
«L’Unità d’Italia – spiega lo storico Piero Bevilacqua, che coordina il gruppo di studiosi impegnati a Teano – è stata conveniente per tutti». Provando a ragionare «fuori dall’economicismo» sterile che alimenta il dibattito nord-sud nei salotti televisivi, il professore della Sapienza ragiona ad alta voce: «L’Italia, protagonista del mondo mediterraneo, all’avvento degli stati nazionali è stata messa da parte – sottolinea – solo l’unità le ha restituito un ruolo in Europa». Un discorso che vale per tutti, per i braccianti del sud e per i ricchi industriali del nord: da qui deve nascere il futuro unitario dell’Italia. «Lo Stato nazionale – osserva – è il livello minimo perché noi navighiamo nel mare dell’economia globale. Il problema semmai – aggiunge – è tenere in equilibrio le autonomia e le libertà locali con la dimensione nazionale e mondiale». La soluzione non va certo rintracciata nelle macroregioni («vere sciocchezze», sentenzia). La chiave sta tutta «nel controllo democratico sul ceto politico, sta nella reale partecipazione dei cittadini alle scelte perché oggi tutte le decisioni vengono adottate sulla testa e alle spalle dei cittadini, come dimostra quello che accade a Terzigno». Gli fa eco Perna: «Esiste una scollatura grandissima tra cittadini e politica», dice sottolineando come sia irrisolto il nodo che segna la distanza tra democrazia partecipativa e rappresentativa. Aggiunge: «Le grandi riforme sono state fatte – insiste – quando il potere aveva paura delle masse sociali organizzate. Oggi nessuno ha più paura del popolo che si ribella», ammette. Poi rilancia: «Si sbagliano». Per due ragioni: la prima è che «la misura è ormai colma», dice guardando all’Italia di oggi e pensando forse al fatto che a Teano negli stand ci sono in distribuzione mille camicie rosse. La seconda è che le esperienze più innovative (dai gas alla finanzia etica, fino alla battaglia sull’acqua pubblica) «sono già nate e stanno crescendo» velocemente. A Teano ci sono molti esempi importanti che si confrontano. Altre ce ne saranno. Nonostante la politica, in perenne ritardo.
Pubblicato su Il Quotidiano della Calabria il 24 ottobre 2010