Siamo nel Paese che discute della candidatura a premier del 76enne Silvio Berlusconi e del possibile governo bis di un signore, Mario Monti, che a marzo compirà 70 anni, in cui per i giornali è una notizia (sic!) la decisione di non ricandidarsi dell’ultraottantenne presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Siamo nel Paese in cui Giorgio La Malfa è deputato dal 1972 e in cui la trasmissione tv più nuova la conduce Pippo Baudo (classe 1936). Siamo nel Paese in cui un dibattito viene percepito come credibile solo se lo lanciano personaggi come Eugenio Scalfari (classe 1924) e il festival della politica come serio solo se parla Emanuele Macaluso (89 anni). Siamo nel Paese in cui Assunta Almirante (87 anni) è sui giornali tutte le settimane e Giorgio Albertazzi, a un passo dal compiere 90 anni, partecipa (vincendoli) ai bandi pubblici per la gestione di festival teatrali.
Storie di personaggi che (quasi tutti) hanno dato molto. E che adesso, se davvero hanno a cuore il destino dell’Italia, devono mettersi a disposizione del cambiamento. Davvero, e cioè mettendosi da parte. Un fatto che presupporrebbe lungimiranza e intelligenza di una classe dirigente che, complessivamente, è delegittimata dai fatti. Un fatto che presupporrebbe nello stesso tempo grinta e capacità di protagonismo da parte dei più giovani.
Dopo la crisi deprimente che ha travolto la giunta e il consiglio regionale del Lazio, dopo l’assalto rozzo di Beppe Grillo e furbissimo di Matteo Renzi, è partita una discussione – ancora parziale, soprattutto ipocrita – sulla necessità di cambiare il Paese rinnovando la classe dirigente. Le contestuali elezioni per il Campidoglio, per la Regione e per il Parlamento offrono una straordinaria occasione. Che, come cittadini, non possiamo sprecare.
Per questo i giovani romani e laziali devono ritrovare la speranza, lanciare la sfida e imporsi sulla scena pubblica. Contemporaneamente, però, i partiti si impegnino a fare la propria parte. Praticando la discontinuità, non enunciandola. Intervenendo in maniera decisa sulla questione di genere e su quella generazionale.
Ecco allora due proposte, semplici semplici, rivolte ai partiti (anche per le Politiche), ai candidati a sindaco – in primo luogo Gianni Alemanno e Nicola Zingaretti – e agli aspiranti governatori (che speriamo davvero siano scelti con le primarie). Due impegni che potrebbero essere assunti già in campagna elettorale. Nella compilazione delle liste si tenga conto di una quota di genere (per il 50%) e di una quota di generazione (ci sia una metà di candidati under 40). Gli stessi criteri siano adottati per la scelta degli assessori. Non si tratta naturalmente di avere una particolare passione per le quote (anzi!), né di cedere al banale ed estetico giovanilismo, quanto piuttosto di raccogliere il meglio delle sfide che vengono dalla società, dalle persone in carne e ossa (magari non quelle cresciute con il mito di Corneliu Codreanu). Piccoli gesti, per grandi cambiamenti. O la politica resterà travolta da se stessa. Per sempre.