Lo scandalo potrebbe scoppiare a proposito delle 1756 case vendute tra il 2004 e il 2006: semplificazioni e accelerazioni previste dalla Regione avrebbero favorito centinaia di persone che “senza diritti” acquistando case popolari “a prezzi irrisori”. L’accusa pesantissima è del consigliere Folgori: “Ho chiesto le liste delle compravendite, ma mi vengono negate. Forse è un elenco che scotta”. Nel mirino il presidente Prestagiovanni e il dg facente funzioni Bellia, che replicano: “Abbiamo rispettato la legge”
Fuoco amico – e accuse pesantissime – sull’Ater di Roma. Secondo un consigliere d’amministrazione centinaia di case popolari sarebbero state vendute “senza” che gli acquirenti ne avessero “diritto e a prezzi irrisori” attraverso la delibera regionale 571. Un caso che potrebbe riguardare 1756 case, vendute tra il settembre del 2004 e il giugno del 2006, grazie alla complicità di un notaio (poi radiato dall’albo) e con la collaborazione di un dipendente Ater. Un caso su cui è a lavoro una commissione d’indagine interna.
A sollevare il polverone è il consigliere d’amministrazione (area centrodestra) della stessa Ater Enrico Folgori. Che spara a zero contro il presidente dell’ente Bruno Prestagiovanni (anche lui di area centrodestra) e il direttore generale facente funzioni Massimo Bellia. Che si difendono: “Non potevamo che applicare la delibera 571”, perché era operativa. E se ci sono stati degli illeciti “sarà la commissione di indagine che noi abbiamo voluto a chiarirlo: i risultati dovremmo averli entro ottobre”.
L’ATTACCO DI FOLGORI – Quale che siano i fatti – e quali che siano le ragioni che hanno spinto Folgori a sollevare il caso – pesa in una città come Roma (con l’emergenza abitativa ai massimi livelli) che non ci sia la massima trasparenza sulla vicenda che riguarda 1756 abitazioni e su eventuali privilegi che sono stati applicati. Attacca il membro del cda: “L’Ater Roma sta vivendo una crisi oramai cronica, causata da passate gestioni molto allegre, caratterizzate da pressappochismo e mancanza totale di managerialità”. L’accusa è di avere “sempre pensato alle Ater come aziende da politicizzare per il proprio tornaconto personale”. Dice Folgori: “Ad oggi le imposte vengono determinate senza neanche avere lo straccio di un bilancio approvato, peraltro bocciato dal collegio dei revisori nella fase preliminare; vengono bandite gare senza la relativa copertura, si utilizzano fondi di decine di milioni di euro destinati per stanziamenti di ordinaria amministrazione per coprire i buchi lasciati da cattive gestioni”. “A tutto ciò è ora di dire basta – aggiunge – proporrò nelle prossime ore un crono-programma dettagliato all’attenzione dei colleghi del Cda” per il rilancio strategico economico dell’Ater.
“TROPPO ALTI I COSTI DELLA PRESIDENZA” – Folgori suggerisce di valorizzare il patrimonio con la spending rewiew visto che il patrimonio vale “almeno 20 miliardi di euro”, ma chiede che questa fase di rilancio escluda “coloro che hanno contribuito allo sfascio attuale”. E affonda i colpi contro Prestagiovanni: “Credo che sia fondamentale partire da una spending review interna che non può non tenere conto dell’enorme costo annuale della presidenza: alla segreteria personale, con 3 dipendenti interni e altri 4 esterni che costano solo loro all’Ater Roma circa 220.000 euro annue, in più dobbiamo contare il portavoce personale da 3.600 euro mese, l’auto blu con autista oltre ad una voce di bilancio personale per spese di rappresentanza. Chiedo al presidente Prestagiovanni di tagliare immediatamente queste spese che costano all’Ater Roma circa 400.000 euro all’anno senza contare il suo stipendio che mi risulta essere molto elevato”. Su questo Prestagiovanni, reduce da un piccolo intervento chirurgico, spiega a Paese Sera: “I costi non sono quelli indicati da Folgori, per esempio sul portavoce. Forse qualcuno nel cda voleva l’assunzione di due addetti stampa – aggiunge – comunque quando sono arrivato come commissario ho portato con me alcune persone per fare meglio il mio lavoro”. “Sui costi della presidenza – chiarisce – farò presto delle osservazioni”.
IL CASO DELLA 571 – Poi Folgori cambia obiettivo e prende di mira il direttore generale facente funzioni, Massimo Bellia, spiegando di avergli chiesto da circa 3 mesi “di avere la lista delle compravendite effettuate dall’Ater Roma che hanno beneficiato della delibera regionale 571, ovvero la stessa utilizzata da un dipendente dell’azienda per l’acquisto di un immobile di proprietà dell’Ater Roma ad un prezzo irrisorio”. Un caso che ha provocato la nascita di una “commissione di indagine interna” e che secondo il consigliere avrà anche delle conseguenze giudiziarie. In pratica, secondo il membro del cda, la legge 571 non doveva essere applicata per centinaia di casi visto che si tratta di una delibera “vergognosa” che persino “Il Consiglio del Notariato ha giudicato non applicabile” diffidando “tutti i notai” dall’applicarla. Un solo notaio ha ignorando la diffida (oggi è stato radiato “ma non so se per questa ragione”, precisa Bellia) “coadiuvato da un assistente – insiste Folgori – che sembra sia parente stretta di un personaggio dell’ufficio vendite dell’Ater, avvantaggiando cosi centinaia di persone che hanno in questo modo compiuto un illecito”.
“LA LISTA CHE SCOTTA” – Attacca ancora Folgori: “Ebbene ad oggi di quella lista non c’è nessuna traccia: la direzione generale – accusa – mi dice che il dirigente preposto a tale compito si rifiuta di consegnarla. Chi si vuole coprire? Chi sono i ‘fortunati’ beneficiari di tale vantaggio, quello di aver acquistato un immobile delle case popolari senza averne diritto e a prezzi irrisori? Evidentemente è una lista che ‘scotta’ a tal punto che mi hanno segnalato la presenza di un dirigente così zelante – sottolinea – da penetrare negli uffici dell’azienda addirittura il 15 agosto scorso per trafugare chissà quali misteri. Ho chiesto alla direzione di recuperare le registrazioni del sistema di video sorveglianza per identificare il dirigente zelante e assicurarlo alla giustizia”. Una storia, quella del 15 agosto, “che mi fa sorridere” spiega il presidente Prestagiovanni. Una storia “che non è vera”, aggiunge il direttore generale Bellia “visto che il nostro sistema di allarme e l’istituto di vigilanza, dopo verifica, ci hanno detto che nessuno era dentro gli uffici quel giorno”.
LA REPLICA – “La delibera 571 andava applicata perché fino a quel momento non era stata osservata. Si sarebbe potuto fare un ricorso al Tar che non spettava a noi. Scaduti i termini, non ci restava che applicarla”. E’ categorico su questo il presidente Prestagiovanni: “In ogni caso è a lavoro una commissione d’indagine che accerterà eventuali responsabilità”. Quanto agli atti di gestione, spettano al direttore generale al quale il presidente dice di avere chiesto lumi. Bellia: “La delibera doveva essere applicata – sottolinea – forse conteneva degli aspetti di non liceità, ma non è stata impugnata. Per cui, come ci ha detto anche l’avvocatura a cui avevamo chiesto il parere, non potevamo fare altro che applicarla”. E spiega: “La 571 serviva ad avviare un processo di accelerazione delle procedure di vendita – sottolinea – anche se non si trattava degli assegnatari, per situazioni particolari. Era un modo per fare fare cassa alle Ater che erano in difficoltà economiche”. Una procedura, ferme restando le due normative 560 e 42, che “anche in noi aveva suscitato delle perplessità e che pure siamo stati costretti ad applicare”. Insomma, secondo presidente e dg, se sull’applicazione obbligatoria ci sono state delle irregolarità (“se per tutti la delibera è stata applicata nello stesso modo”, precisa Bellia) sarà la commissione d’indagine interna (composta da tre dirigenti interni e due avvocati esterni) a stabilirlo “entro la fine di ottobre”. Due i casi da cui si è partiti: un dipendente che ha acquistato con la 571 e una che ha acquistato un appartamento che era stato occupato dalle figlie.
“LA LISTA CHE NON ESISTE” – La nota di Folgori di oggi non arriva certo come un fulmine a ciel sereno. Il dg se l’aspettava. Eppure “il 30 agosto ho risposto al consigliere – chiarisce – dicendo non che i dirigenti si rifiutano di fornire la lista, ma che la classificazione dei locali venduti viene fatta non in base alla delibera quanto piuttosto secondo la legge 560 o 42. E’ organizzato così il sistema informativo. Quindi bisogna aprire tutte le pratiche e verificare su tutto il venduto quando è stata applicata la delibera”. Per questa ragione, sostiene Bellia, “la lista non esiste”, le verifiche della commissione “sono fatte a campione” e “noi stiamo lavorando per l’elaborazione complessiva dei dati”. Insomma, “nessuno vuole tenere nascosto niente”. Adesso le polemiche. E la necessità di rilanciare l’Ater. Poi i risultati dell’indagine e l’eventuale intervento della magistratura.