L’altra Italia c’è già. E ha la camicia rossa

teano01TEANO (CE) – L’altra Italia c’è già. E oggi a Teano indossa la camicia rossa di Garibaldi. Soprattutto dimostra con grande semplicità e la giusta ambizione che vuole diventare l’Italia, per così dire, ufficiale. Perché già oggi opera concretamente sui territori, stravolge i dogmi della politica, concepisce l’amministrazione come strumento per valorizzare la vita delle persone, difendere il territorio, promuovere occasioni di lavoro buono.

«Stiamo assistendo a un piccolo miracolo», esulta Tonino Perna, il docente all’Università di Messina presidente del comitato promotore di un meeting che per quattro giorni mette a confronto amministratori, esponenti di associazioni e movimenti, intellettuali, cittadini. Per ricordare lo storico incontro tra Garibaldi e re Vittorio Emanuele II nel 150esimo anniversario e per provare a costruire una Italia unita su nuovi paradigmi politici ed economici, attorno a una nuova idea di democrazia.
Nuovi paradigmi contenuti in un decalogo che dice a chiare lettere che non è un reato accogliere i profughi e i migranti, che le energie rinnovabili sono una risorsa, che cultura, ambiente e territorio sono beni indisponibili, che le diversità locali sono il futuro del Paese, che le opere pubbliche non devono essere grandi ma semplicemente utili, che i pilastri su cui provare a costruire il Paese del ventunesimo secolo non possono che essere la solidarietà, la pace, la pari dignità tra uomo e donna, la scuola e la ricerca pubblica, la memoria delle migliori storie passate, l’antimafie. Belle parole e grandi ideali, certo. Ma la forza dell’appuntamento di Teano sta nella capacità di dimostrare che assieme allo studio, all’approfondimento, alle suggestioni intellettuali, ci sono – e funzionano – realtà che già applicano questi principi. Lo dimostra l’esperienza con i migranti dei comuni calabresi di Riace e Caulonia (con i sindaci Mimmo Lucano e Ilario Ammendolia), il racconto sull’acqua bene comune di Anna Maria Bigon che è a capo del comune di Povegliano Veronese, le testimonianze concrete dei sindaci Mario Cicero (Castelbuono, in Sicilia), Sabina Sergio Gori (Quarrata, in Toscana), Eugenio Melandri (Genzano, nel Lazio), Claudio Bertolat (Torre Pellice, in Piemonte), Luca Fioretti (Monsano), Rossella Blumetti (assessore del comune di Corsico, in Lombardia) che operano nel mondo dell’altra economia, dell’altro mercato, delle buone pratiche, della cooperazione decentrata. Lo dimostra la battaglia per “zero consumo del territorio” del primo cittadino di Lugagnano (in Lombardia) Domenico Finignana che ha elaborato un piano regolatore dove non c’è spazio per un solo metro quadro di nuovo cemento.
Certo, non è tutto oro quello che luccica. Basti pensare alla incredibile vicenda di Enzo Cenname primo cittadino di Camigliano, in provincia di Caserta, sollevato dall’incarico per “troppa” raccolta differenziata. Paradossale se si pensa che siamo a pochi chilometri da Terzigno. O basti pensare al racconto del sindaco di San Giorgio Morgeto (in provincia di Reggio Calabria) Nicola Gargano che, nella sua qualità di rappresentante dell’associazione degli enti locali contro le mafie Avviso pubblico chiede all’assemblea di Teano di assumere come primo punto del nuovo Patto per l’Italia la lotta alla criminalità organizzata. «Se non affrontiamo questo tema – tuona – raggiungere tutti gli altri risultati diventa impossibile». Inserire questa priorità nel decalogo «potrebbe somigliare a un’ammissione di una sconfitta, ma fare finta che il problema non esiste non aiuta a risolverlo. Anzi: ammettiamo la sconfitta e rimbocchiamoci le maniche. Combattiamo una battaglia per la giustizia e per non fare sparire i nostri piccoli comuni».
Tutto questo, molto altro, sta dentro il Patto (ancora al centro di un lavoro straordinario di discussione, limature, aggiunte, correzioni) che viene letto all’assemblea con il meridionale Mimmo Rizzuti, coordinatore della Sem (Sinistra euromediterranea) e la settentrionale Chiara Sasso, rappresentante della Recosol (Rete dei comuni solidali) a fare da cerimonieri davanti a un pubblico che si colora sempre di più di rosso: in tantissimi indossano la camicia garibaldina, quasi a voler rinnovare anche simbolicamente l’unità d’Italia di Teano. Un’unità che non sia più un’annessione del Sud al regno, ma un patto sincero e solidale tra pari che si contaminano e si mettono in discussione. Un percorso difficile. Ci prova, «seguendo il filo della mitezza», lo storico Paul Ginsborg a lavoro con altri studiosi lungo la strada che congiunge la “verità” storica come elemento necessario per conquistare la “riconciliazione”. Magari un punto di vista inglese può servire a rendere l’analisi può serena e quindi giusta. Unica avvertenza: mentre apre i lavori anche lui, divertito, indossa la camicia rossa. Accostata all’accento british fa un certo effetto.

Pubblicato su Il quotidiano della Calabria il 25 ottobre 2010

Sono i mondiali? No, è Teano.

Sono stato a Teano per la manifestazione che punta a ricostruire un patto nuovo per l’Italia a 150 anni dall’incontro tra Garibaldi e il re. Ecco il resoconto della prima giornata scritto per il Quotidiano della Calabria.

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TEANO (CE) – Le bandiere italiane sono a centinaia, stanno ovunque. Attaccate ai balconi delle case, appese fuori dai negozi, esposte dentro i bar, abbarbicate sui lampioni dell’illuminazione pubblica. Qualcuno ironizza e dice che sembra di stare allo stadio per la finale dei mondiali di calcio. È invece il paesaggio – forse anche un po’ retorico – di una città sinceramente in festa. Dovunque a Teano c’è il segno della storia, il segno dell’incontro tra Giuseppe Garibaldi e il re Vittorio Emanuele II che segnò l’annessione del Mezzogiorno all’Italia.
Guai però a pensare che – a 150 anni dal proverbiale «Obbedisco» di Garibaldi (l’anniversario è il 26 ottobre) – si stia facendo una semplice rievocazione di una pagina, sia pure importante, della storia d’Italia. In questo piccolo centro del Casertano sono arrivati da tutta Italia per provare ad avviare un percorso, complicato, che dovrà servire a ripensare, e ricostruire, l’unità di un Paese in crisi e ripiegato su se stesso, vittima della sua classe dirigente fragile e delegittimata, colpito al cuore dai leghismi e dall’assenza di memoria.
Dentro un bell’auditorium ricavato in una chiesa sconsacrata, c’è Tonino Perna, il sociologo dell’università di Messina che guida il comitato promotore. È soddisfatto, si vede anche dal fazzoletto rosso garibaldino indossato a mo’ di cravatta. «Teano si dimostra un paese accogliente – commenta – contento di essere risorto dalla storia fiero di essere il luogo in cui inizia un cammino che porterà a un’Italia diversa da quella di oggi che non funziona più dal punto di vista politico ed economico». Un percorso fatto di idee originali e buone pratiche contenute in un decalogo che è alla base del “Patto per una nuova Italia” che sarà siglato alla fine della manifestazione. Di queste suggestioni, esperienze, innovazioni – del futuro dell’Italia – sono chiamati a discutere centinaia di sindaci, amministratori, esponenti del mondo del terzo settore e dell’associazionismo, cittadini. Un lavoro importante, interessante. Tra dibattiti e workshop, stand e presentazioni di libri, spettacoli teatrali e performance musicali, si alternano personaggi come lo storico Paul Ginsborg e il padre comboniano Alex Zanotelli, il giornalista Riccardo Iacona e don Luigi Ciotti, il regista Mario Martone e il comico Paolo Hendel. Moltissimi altri. È atteso – martedì – anche Gigi Proietti che sarà protagonista di una rievocazione dell’incontro tra Garibaldi e il re con il docente di Ingegneria della Sapienza Enzo Scandurra.
«L’Unità d’Italia – spiega lo storico Piero Bevilacqua, che coordina il gruppo di studiosi impegnati a Teano – è stata conveniente per tutti». Provando a ragionare «fuori dall’economicismo» sterile che alimenta il dibattito nord-sud nei salotti televisivi, il professore della Sapienza ragiona ad alta voce: «L’Italia, protagonista del mondo mediterraneo, all’avvento degli stati nazionali è stata messa da parte – sottolinea – solo l’unità le ha restituito un ruolo in Europa». Un discorso che vale per tutti, per i braccianti del sud e per i ricchi industriali del nord: da qui deve nascere il futuro unitario dell’Italia. «Lo Stato nazionale – osserva – è il livello minimo perché noi navighiamo nel mare dell’economia globale. Il problema semmai – aggiunge – è tenere in equilibrio le autonomia e le libertà locali con la dimensione nazionale e mondiale». La soluzione non va certo rintracciata nelle macroregioni («vere sciocchezze», sentenzia). La chiave sta tutta «nel controllo democratico sul ceto politico, sta nella reale partecipazione dei cittadini alle scelte perché oggi tutte le decisioni vengono adottate sulla testa e alle spalle dei cittadini, come dimostra quello che accade a Terzigno». Gli fa eco Perna: «Esiste una scollatura grandissima tra cittadini e politica», dice sottolineando come sia irrisolto il nodo che segna la distanza tra democrazia partecipativa e rappresentativa. Aggiunge: «Le grandi riforme sono state fatte – insiste – quando il potere aveva paura delle masse sociali organizzate. Oggi nessuno ha più paura del popolo che si ribella», ammette. Poi rilancia: «Si sbagliano». Per due ragioni: la prima è che «la misura è ormai colma», dice guardando all’Italia di oggi e pensando forse al fatto che a Teano negli stand ci sono in distribuzione mille camicie rosse. La seconda è che le esperienze più innovative (dai gas alla finanzia etica, fino alla battaglia sull’acqua pubblica) «sono già nate e stanno crescendo» velocemente. A Teano ci sono molti esempi importanti che si confrontano. Altre ce ne saranno. Nonostante la politica, in perenne ritardo.

Pubblicato su Il Quotidiano della Calabria il 24 ottobre 2010